Papini tra l'avanguardia e il futurismo
Pubblicato in:: Gazzetta di Parma, anno CLI, n. 53, p. 1
Data: 23 febbraio 1919
Fino a pochi anni fa parlare di poeti e di poesia era lo stesso che parlare di Dei o di potenze inaccessibili.
Tutti erano forti dell'espressione latina poéta nascitur, quando un uomo, uscendo dalla sua misantropia, dal suo silenzio, gettò il suo grido di guerra e dimostrò come per essere poeti e letterati non bisogna nascerci, ma bisogna sapersi creare. E' l'uomo che deve conoscere ed educare se stesso, deve perdere le notti, deve stentare e sacrificare la vita per comprarsi i libri e studiare.
L'uomo di cui parlo, l'uomo che sta rivoluzionando l'Italia con la sua letteratura è Giovanni Papini. Pochi lo conoscono. Chi lo incontrasse in una strada di Firenze o sotto i portici di piazza Vittorio Emanuele al Centro, non sarebbe certo disposto a credere che sotto quella figura piuttosto elegante si celi un cuore di ferro ed una volontà d'acciaio. Conosco Papini da tre anni.
Un pomeriggio passeggiavo con Massimo Gaglione, il simpatico autore de «I Giovani» nel mio paesetto vicino Caserta e:
— Massimo, che porti? chiesi al mio amico indicando un libro che portava sotto l' ascella.
— E' un libro di Giovanni Papini, il rivoluzionario della letteratura moderna, è Un uomo finito.
Papini! Il rivoluzionario della letteratura moderna?
Chi è questo Papini?
Non ricordo come ebbi la fortuna di procurarmi l'Uomo finito; ricordo, però, che dopo la lettura di quel libro meraviglioso sentii il bisogno di gettarmi nella letteratura moderna, conoscerla nelle sue parti più piccole, analizzarla, comprenderla, farmene padrone. Ero poeta già dal 1915 con varia fortuna; ma sentii di esserlo ancora di più dopo la conoscenza di Papini.
La nuova scuola che Papini creava era la più bella creazione che nella letteratura del XX secolo si potesse avere.
Rimpetto a Papini si aggira Marinetti, il fondatore dei futuristi. Non perchè io appartenga all'avanguardia, ma il futurismo m'è stato sempre antipatico. L'idea che Marinetti credeva di dirigere e, formare nelle nuove coscienze era abbastanza bella se con i suoi satelliti vi fosse rimasto fedele. Purtroppo dell'antica idea non ci rimane altro che qualche libro di Marinetti antico perché il futurismo moderno non à altro che un'accozzaglia di parole, d'immaginini, di segni senza nesso e senza conclusione.
Dal lato opposto la scuola d'avanguardia e la figura di Giovanni Papini si elevano su tutto e tutti e come geni possenti trionfano con le loro dottrine smaglianti e feconde. L'Uomo finito, la Paga del sabato, il Crepuscolo dei filosofi, le Stroncature, i Ventiquattro cervelli e tutta la prosopopea feconda di Papini hanno trovato un mondo di lettori e di ammiratori.
Tutti i giovani uscendo dal liceo o altro hanno sentito e sentono il bisogno di creare delle Riviste d'avanguardia e di far comparire il loro nome in calce a delle poesie o prose liriche. I nomi delle Riviste derivano dal modo in cui i giovani hanno sentito di diventar scrittori, ed abbiano avuto la «Fonte», la «Scalata», il «Nuovo giornale letterario», «Aeterna», etc..
Un' altra ancora ne debbo menzionare perchè non voglio confonderla con le altre ed è Crociere Barbare. Ho detto non voglio confonderla con le altre perchè le Crociere sono state seguite da tutti per la loro indole battagliera. Tutti erano attaccati e stroncati e qua e là si sono accese delle polemiche. I collaboratori delle menzionate Riviste non sono i poeti classici della letteratura antica, ma sono poeti che la nuova civiltà impone. Alcuni hanno raggiunto la perfezione in poco tempo come Guido Gozzano e Sergio Corazini che sarebbero stati presto apprezzati se la morte non ce li avesse tolti nel fiore dell'età. — Tutti amano Gozzano e Corazzini non per la loro disgrazia, ma per la freschezza e sonorità del verso. — Tra i maggiori troviamo ancora Govoni, il beniamino degli scrittori d'oggi, Lionello Fiumi ed Elpidio Jenco.
Molti altri sono nel periodo dello sviluppo e sono menzionati nei Giovani di Massimo Gaglione e ne' I Giovanissimi dell'avvocato Sossio Gigliofiorito. — Abbiamo Filippo De Pisis, Giulio Gaglione, il poeta dei Vagabondaggi, Armando Curcio, che si rivelava ultimamente con «Coriandoli» ed altri.
Nel gruppo futurista si sono avute molte pubblicazioni, ma per quanto possa essere il lusso dell'edizione e la modicità del prezzo sono quasi sicuro che avranno poco fortuna.
C'è la figura di Giovanni Papini che oscura tutto con la sua luce. Ottima cosa faceva Gherardo Marone quando nelle «Crociere» paragonava Papini a Miquel Do Conamuno che porta il primato della letteratura moderna spagnuola dal tempo in cui pubblicò il Commento à Don Quijote e il Sentimiento tragico de la vida.
Il futurismo rimarrà nella storia della letteratura come zefiro nel solleone di agosto quando c'è bisogno di quel vento forte che darà invece Giovanni Papini e la scuola d'avanguardia.
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